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Rinnovabili, Consulta: le Regioni non possono sospendere arbitrariamente le procedure di autorizzazione
Con la sentenza n. 221 del 27 ottobre 2022, la Corte costituzionale ricorda che “l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 – nel prevedere che l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia rilasciata nell’ambito di un procedimento unico, cui partecipano tutte le amministrazioni interessate, che deve concludersi entro novanta giorni – esprime un principio fondamentale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». Esso è «funzionale al raggiungimento degli obiettivi di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili sancito dalla normativa europea» (sentenza n. 46 del 2021) ed è volto a bilanciare l’esigenza di potenziare le fonti rinnovabili con quella di tutelare il territorio nella dimensione paesaggistica, storico-culturale e della biodiversità (sentenza n. 121 del 2022)”.
Pertanto, le finalità cui mira la normativa statale “non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale, sicché le regioni non possono sospendere le procedure di autorizzazione, né subordinarle a vincoli o condizioni non previste dalla normativa statale (ex multis, sentenze n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 258 del 2020 e n. 177 del 2018): è soltanto nella sede del procedimento unico delineato dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, infatti, che «può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei principi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l’emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonché la pubblicità e la trasparenza della loro valutazione» (sentenze n. 69 del 2018 e n. 177 del 2021; in senso analogo, sentenza n. 177 del 2018, nonché, più in generale, con riferimento alle competenze primarie delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, sentenza n. 117 del 2022)”.
Dunque, la Corte costituzionale ha dichiarato fondate, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., le questioni di legittimità costituzionale aventi per oggetto l’art. 75, comma 1, lettera b), numero 5), della legge regionale del Lazio n. 14 del 2021 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale 2021 e modifiche di leggi regionali), nella parte in cui introduce i nuovi commi 5-quater e 5-quinquies dell’art. 3.1. della legge reg. Lazio n. 16 del 2011, e l’art. 6 della legge regionale del Lazio n. 20 del 2021 (Legge di stabilità regionale 2022), nella parte in cui sostituisce il richiamato comma 5-quater, restando assorbite le ulteriori questioni promosse nei confronti delle medesime disposizioni.
Secondo la Consulta “le disposizioni censurate – senza che le diverse formulazioni adoperate dal legislatore regionale rendano significativamente differente il loro contenuto normativo – determinano una sospensione dei procedimenti autorizzativi per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili, così ponendosi in evidente contrasto con la richiamata normativa statale. Non assume alcun rilievo la circostanza, sulla quale ha insistito in atti la Regione Lazio, che tale sospensione sia temporalmente circoscritta, anche con la fissazione di un termine massimo di otto mesi, il quale peraltro, al di là d’ogni altra considerazione, è di gran lunga superiore a quello, di novanta giorni, che l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 prescrive per la conclusione del procedimento unico ivi previsto”.
IN ALLEGATO la sentenza della Corte costituzionale.

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