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Ecobonus, caldaie e pompe di calore vendute a prezzi maggiorati dalle multiutility

L’inchiesta di Milena Gabanelli per Dataroom: fatture con importi triplicati rispetto ai prezzi in negozio, con maggiori oneri per lo stato

lunedì 5 luglio 2021 - Redazione Build News

installatore-esterno

Per i clienti è indifferente rivolgersi a una multiutility o direttamente al proprio installatore di fiducia per le pratiche di Ecobonus e Superbonus? Sulla carta, le offerte “chiavi in mano” dei grandi colossi dell’energia sembrano decisamente più vantaggiose, almeno in termini di impegno burocratico: oltre alla certezza di avere lo sconto direttamente in fattura, le multiutility si occupano di tutti gli adempimenti normativi necessari per ottenere la detrazione.

A cambiare, però, sono i prezzi dei prodotti e delle prestazioni effettuate. Lo denuncia un’inchiesta di Milena Gabanelli pubblicata per Dataroom sul Corriere della Sera, in cui vengono confrontati i prezzi di caldaie e condizionatori contenuti nei preventivi di alcune multiutility (Eni gas e luce e RetiEnergia), e i prezzi degli stessi prodotti in negozio.

Una caldaia Riello Residence 30? Nel preventivo di Eni gas e luce costa 2911 euro, a cui si aggiungono 1080 euro di “oneri accessori”. In negozio, invece, costerebbe circa 1600 euro, installazione compresa. Una pompa di calore Haier Tundra 2.0? 1957 nel preventivo di RetiEnergia, 440 euro più 250 euro di installazione in negozio.

“Le multiutility interpellate giustificano i ricarichi con le spese di gestione della pratica e l’anticipo del credito”, scrivono Marco Bonarrigo e Milena Gabanelli. La faccenda è complicata dalla mancanza di un listino prezzi “ufficiale” di questi prodotti, per cui è difficile risalire a un prezzo esatto.

Un danno per lo stato

La vendita e l’installazione di prodotti a prezzi anche tre volte superiori a quelli che si trovano in negozio rappresenta, naturalmente, un danno anche per le casse dello stato e non solo per le tasche dei clienti. I limiti di spesa (“fino a 30 mila euro”) sono molto larghi, perché dimensionati sui condomìni e non sui singoli appartamenti. “Vuol dire che chi fattura una caldaia al doppio del suo valore non rischia nulla”, chiosano Bonarrigo e Gabanelli.

I controlli sui rimborsi dei crediti spettano all’Agenzia delle Entrate, ma finora non sono state effettuate verifiche sistematiche su eventuali maggiorazioni dei prezzi di caldaie e condizionatori. In questo modo, secondo il calcolo di Dataroom, si rischia un buco da 470 milioni di euro (questa è infatti la cifra che si ottiene se il ricarico viene applicato su tutte le 171 mila caldaie e 80 mila condizionatori che risultano installati nel 2020).

“È un problema potenzialmente serio, che va indagato,” ha detto l’ing. Domenico Prisinzano del Dipartimento Unità Efficienza Energetica Enea.

Il modello francese

Il sistema italiano dei bonus per l’efficienza energetica presenta numerose criticità: in primis la complicazione e la diluizione in tempi troppo lunghi del rimborso, ma anche l’applicazione indistinta del bonus, a prescindere da criteri di reddito e dalla composizione del nucleo familiare. Il confronto con il modello francese è impietoso: oltralpe, lo stato rimborsa in soli 5 anni dal 40% al 90% dell’importo speso, in base alla fascia di reddito, e vengono svolti controlli rigorosi (non a campione come in Italia).

Un mercato impari

Gli incentivi fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica, con la possibilità per il cliente finale di ottenere lo sconto in fattura e cedere il credito, stanno trainando la ripresa del settore edile e hanno scatenato una vera e propria corsa, da parte di produttori, distributori e installatori, per proporre le offerte più vantaggiose e competitive.

Da sempre però le associazioni di settore hanno denunciato le condizioni “impari” di un mercato in cui le grandi multiutility dell’energia possono permettersi molto più facilmente di offrire lo sconto in fattura e la cessione del credito, godendo della liquidità necessaria per anticipare il costo degli interventi in attesa di recuperare i crediti fiscali dallo Stato. Una disparità solo parzialmente appianata dalla possibilità, introdotta con il Decreto Rilancio, di cedere i crediti anche a banche e istituti di credito.

Le alternative esistono

“La situazione fotografata dall’inchiesta è sostanzialmente corretta”, commenta Enrico Celin, presidente ANGAISA, l’assocaizione nazionale dei commercianti ITS. “Le multiutility stanno proponendo il listino senza sconti, facendo lievitare la propria prestazione e giustificando i costi accessori con le pratiche legate alla cessione del credito”. Le alternative sul mercato però ci sono: “Sicuramente i piccoli negozi si trovano fuori da questo business perché non concedono la cessione del credito”, continua Celin, “ma gli installatori no, e possono stare all’interno di questo circuito in collaborazione con i distributori. L’operazione è vantaggiosa e sicuramente non raggiunge valori simili. Le multiutility hanno il vantaggio dell’acquisizione diretta del credito e della rateizzazione dei pagamenti legata al rapporto post-contatore, e per questo fanno una concorrenza molto forte. Ma gli installatori e la distribuzione possono certamente avere uno spazio più importante, anche con offerte competitive rispetto alle multiutility”. 

 


 

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