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Libera concorrenza, ok alla pubblicità, possibilità per gli studi professionali di trasformarsi in società di capitali, niente vincoli di distanza tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio della professione.
Sono queste alcune delle misure di liberalizzazione delle professioni introdotte all'articolo 3 della Manovra bis (decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011), da martedì all'esame delle commissioni del Senato.
Libera concorrenza
L'articolo in questione, recante “Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche”, non prevede l'abolizione degli Ordini professionali. Tuttavia, stabilisce che “Fermo restando l'esame di Stato di cui all'art. 33 comma 5 della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate, gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti”.
Libero accesso alla professione
Entro 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati per recepire una serie di principi di liberalizzazione. Per esempio, viene stabilito che “l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una certa professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, è consentita unicamente laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, della sede legale della società professionale”.
Formazione continua e tirocini
Inoltre, è previsto l'obbligo per il professionista “di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali”; per quanto riguarda la disciplina del tirocinio, questa “deve conformarsi a criteri che garantiscano l'effettivo svolgimento dell'attività formativa e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. Al tirocinante dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria, commisurato al suo concreto apporto”.
Durata del tirocinio
La durata del tirocinio “non potrà essere complessivamente superiore a tre anni e potrà essere svolto, in presenza di una apposita convenzione quadro stipulata fra i Consigli Nazionali e il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, in concomitanza al corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica”.
Pubblicità informativa libera
La manovra bis stabilisce anche che la pubblicità informativa riguardante l'attività professionale è libera, fermo restando che le informazioni pubblicitarie “devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie”.
Le tariffe minime come riferimento
Quattro mesi dopo l'entrata in vigore del decreto, sono abrogate le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche previste dall'ordinamento vigente. Ad esempio, viene abrogata “l'imposizione di prezzi minimi”: in pratica, rispetto all'abolizione delle tariffe minime introdotta con la riforma Bersani del 2006, la manovra esclude qualsiasi controllo superiore sulla gestione dell'attività individuale. Le tariffe minime restano abolite ma ora diventano un punto di riferimento nella pattuizione tra cliente e professionista. In assenza di pattuizioni o nel caso di gare pubbliche o di liquidazioni giudiziarie, invece, le tariffe mnime diventano un obbligo e non solo un punto di riferimento.
Società di capitali ammesse negli studi
Il decreto legge sembra inoltre aprire alla possibilità per gli studi professionali di trasformarsi in società di capitali. Viene infatti abrogata “la limitazione dell'esercizio di una attività economica attraverso l'indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all'operatore”.
Cadono i vincoli di distanza
Cancellate anche altre restrizioni quali “l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio della professione o di una attività economica”, e “l'attribuzione di licenze o autorizzazioni all'esercizio di una attività economica solo dove ce ne sia bisogno secondo l'autorità amministrativa”.
Favorevoli le professioni tecniche
Valutazioni positive su queste misure di liberalizzazione sono state espresse dai presidenti dei consigli nazionali di architetti, chimici, dottori agronomi e dottori forestali, geologi, geometri, ingegneri, periti agrari, periti industriali e tecnologi alimentari. Riunitisi due giorni fa a Roma, i rappresentanti delle professioni dell'area tecnica si sono detti favorevoli alla riforma contenuta nella manovra bis. L'art. 3 del decreto legge n. 138/2011 “va finalmente verso una vera modernizzazione del comparto ordinistico”, hanno dichiarato in una nota unitaria. La riforma, infatti, “non solo mantiene i principi su cui si basa il sistema ordinistico italiano, ma fissa anche le linee generali per una riforma organica delle professioni. Il provvedimento in esame introduce, infatti, un riordino complessivo della materia, dando un impulso concreto di ammodernamento al sistema Paese finalizzato allo sviluppo e al superamento della crisi economica. Tutto attraverso il principio di responsabilità”.
“L'accoglimento di tale principio – prosegue la nota - è stata confermato nel confronto tra i vertici delle categorie tecniche che hanno ribadito il loro impegno comune per gestire nel miglior modo e soprattutto in via unitaria il sistema dei nuovi ordinamenti. Uno dei punti cardine sarà, infatti, quello di farsi parte attiva per promuovere una riforma del quadro professionale che risponda a criteri di semplificazione e razionalizzazione. L'obiettivo è anche di andare verso l'introduzione di misure in grado di rimuovere ciò che penalizza le professioni rispetto a tutte le altre attività economiche, e cioè la possibilità di svolgere l'attività in forma societaria tipica, salvaguardando - a garanzia del cittadino e della collettività - l'autonomia e l'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico, del professionista”.
Architetti: misure da approfondire
In una precedente nota del 19 agosto scorso, il Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (Cnappc) ha detto di condividere le linee generali della proposta di riforma elaborata dal Governo, che però vanno “approfondite e chiarite affinché gli Ordini possano svolgere le necessarie funzioni di authority e certificare al posto dello Stato per permettere la semplificazione amministrativa necessaria allo sviluppo”. Il Consiglio nazionale degli architetti si augura che nell'ambito della discussione in Parlamento “si pongano serie basi per un progetto avanzato di riforma per la nostra professione basata su criteri di effettiva modernizzazione ed in grado di avvicinare gli architetti italiani, per funzioni e per competenze, ai professionisti dei più avanzati Paesi Europei, soprattutto per quanto riguarda le attività di salvaguardia del territorio, di valorizzazione della qualità ambientale ed urbana e, quindi, della vita dei cittadini”.

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