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L’impatto potenziale del Superbonus 110%: una prima stima nel nuovo Rapporto Cresme - Camera

Elaborata una prima stima sugli importi aggiuntivi (nell’ipotesi del mantenimento della norma attualmente vigente) di 2.421 milioni di euro, tutti nel 2021, e, nell’ipotesi di un prolungamento dei benefici a tutto il 2022, di 8.069 milioni di euro, dei quali 1.614 nel 2021 e 6.455 nel 2022

giovedì 26 novembre 2020 - Redazione Build News

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Stamane, nell'Ufficio di Presidenza della Commissione Ambiente della Camera, ha avuto luogo la presentazione del Rapporto per il 2020 "Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell'impatto delle misure di incentivazione", a cura del Servizio Studi e del Cresme.

Il documento, che rappresenta l'aggiornamento dello studio pubblicato annualmente su richiesta della VIII Commissione, fornisce una stima dell'impatto economico delle misure di incentivazione fiscale spettanti per le spese sostenute per gli interventi di recupero edilizio e di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. Il documento di quest'anno – IN ALLEGATO - fa anche riferimento agli effetti determinati dalla crisi provocata dall'emergenza sanitaria da Covid-19 e indica una prima stima dell'impatto potenziale sul mercato del "Superbonus 110%".

L’impatto dell’emergenza sanitaria sul mercato dell’edilizia e le prospettive del Superbonus 110%

Il rapporto evidenzia come il settore delle costruzioni sia entrato nel “settimo ciclo edilizio” della storia del Paese dal secondo dopoguerra un ciclo che sarebbe più corretto definire “primo ciclo dell’ambiente costruito”, per sottolineare le nuove caratteristiche del mercato e le sfide innovative e di modello di offerta che questo richiede in termini di riqualificazione energetica, tecnologie e qualità dell’abitare. Le costruzioni hanno avviato la loro ripresa prima molto moderatamente, e poi con valori contenuti ma significativi nel 2018 e nel 2019, trainate dalla riqualificazione del patrimonio esistente e dalle opere pubbliche.

La crescita del settore si è però interrotta improvvisamente nel 2020, in conseguenza dell’emergenza sanitaria. Nel 2020 il valore della produzione nelle costruzioni, secondo le stime del CRESME, diminuirà del 7,4%, un dato migliore di quello dell’economia in generale, ma in forte contrazione rispetto a uno scenario che stava diventando, su vari fronti di attività, positivo. Nel 2020, in particolare, per l’attività di manutenzione straordinaria si prevede una contrazione del 10,4%, superiore a quella delle nuove costruzioni (-7,4%). Le ragioni di tale flessione sono da imputare certamente alla crisi pandemica ma una causa concorrente della contrazione dell’attività di manutenzione straordinaria risiede anche nel fatto che nel corso del 2020 è arrivato sul mercato l’incentivo del “superbonus 110%” rispetto al quale diverse attività di manutenzione straordinaria sono state comprensibilmente differite in attesa del pieno avvio del percorso attuativo che prelude all’operatività del nuovo incentivo.

Il volume degli investimenti

In generale, dalle stime elaborate dal CRESME nel documento emerge che gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica hanno interessato dal 1998 al 2020, oltre 21 milioni di interventi. In ventidue anni le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti pari a oltre 346 miliardi di euro.

Il dato a consuntivo per il 2019 indica un volume di investimenti pari a 28.762 milioni di euro veicolati dagli incentivi fiscali per il recupero edilizio, la riqualificazione energetica, la riduzione del rischio sismico e la riqualificazione delle facciate (la previsione elaborata nel rapporto dello scorso anno per il 2019 era stata di 28.963 milioni di euro).

Nel 2020, a causa della crisi pandemica, la previsione costruita a partire dai dati dei primi nove mesi dell’anno porta a stimare questo valore in 25.105 milioni di euro, con una flessione del 12,7% rispetto al 2019. L’analisi dei dati mensili, che rendicontano i pagamenti per i lavori effettuati, evidenzia che la flessione causata dalla pandemia è durata cinque mesi, da aprile ad agosto, con picchi di riduzione rispetto allo stesso periodo del 2019 toccati a maggio (-57,9%) e giugno (42,6%); mentre con settembre l’attività è tornata crescere del +6,5%.

La distribuzione territoriale

L’analisi territoriale, svolta sulla base dei dati regionali relativi agli importi dei lavori portati in detrazione nelle dichiarazioni dei redditi, conferma, rispetto a quanto descritto nei precedenti rapporti, il maggior ricorso agli incentivi da parte delle regioni del Nord-ovest, dove si concentra il 38% degli importi in detrazione per quanto riguarda il recupero edilizio e il 42% degli interventi finalizzati alla riqualificazione energetica; nel Nord-est si concentra il 28% degli interventi di recupero edilizio, e il 33% degli interventi per la riqualificazione energetica. Si conferma in questo quadro il basso ricorso agli incentivi del Sud e delle Isole.

La distribuzione tra recupero edilizio e riqualificazione energetica

Nel biennio 2018-2019 sono stati portati in detrazione per il recupero edilizio svolto negli anni 2017/2018, 12,7 miliardi di euro, contro gli 11,3 miliardi di euro del biennio dei lavori 2016-2017 (detrazioni fiscali inserite negli anni 2017/2018), con un significativo incremento del 12,1%; mentre per quanto riguarda la riqualificazione energetica sono stati portati in detrazione 3,2 miliardi di euro, contro i circa 2,8 del biennio precedente, con un incremento del 14%.

L’impatto sull’occupazione

Con riferimento all’impatto sull’occupazione, le stime degli investimenti attivati attraverso gli incentivi nel periodo 2011-2020 hanno generato un assorbimento cumulato di 2.549.585 occupati diretti, corrispondenti a una media annua nel periodo di 254.959 occupati. La media annua degli occupati, considerando anche gli occupati dell’indotto delle costruzioni, sarebbe pari a 382.438 occupati. Tra il secondo trimestre 2008 e lo stesso periodo del 2020 l’intera economia registra un numero invariato di occupati nell’ambito del quale tuttavia è preponderante il calo degli occupati nel settore delle costruzioni (-599.000 occupati). Va però segnalato che proprio nel 2020, nel pieno della crisi pandemica, gli occupati delle costruzioni hanno registrato timidi segni di ripresa: nel primo trimestre del 2020 l’occupazione è cresciuta di 18.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre nel secondo trimestre la crescita è stata di 20.000 unità.

L’impatto sul sistema Paese

La valutazione dell’impatto economico è effettuata sulla spesa sostenuta stimata per gli anni 1998-2020, utilizzando il procedimento di stima per l’intera durata degli incentivi fiscali in termini di defiscalizzazione, vale a dire dal 1998 al 2030 (vedi nota metodologica in appendice). Sulla base di tale modello di analisi, emerge che il costo per lo Stato, dovuto ai minori introiti conseguenti agli incentivi, ammonterebbe a 165,5 miliardi di euro in valori correnti, il gettito fiscale e contributivo derivante dalle attività economiche mobilitate dagli incentivi, in base alla legislazione fiscale vigente, sarebbe pari a 131,0 miliardi di euro in valori correnti, e il saldo complessivo per lo Stato, per l’arco di tempo che va dal 1998 al 2020, sarebbe negativo per 34,5 miliardi di euro, pari a 1,5 miliardi di euro per ogni anno.

Considerando però che lo Stato incamera i proventi spettanti nell’anno di esecuzione dei lavori, e ripartisce il mancato gettito nell’arco di tempo di dieci anni, l’introduzione nella riflessione di elementi di natura finanziaria ed attuariale, basati sull’attualizzazione dei valori precedentemente esposti, modificherebbe il saldo determinando un risultato negativo più contenuto di -17,3 miliardi di euro, pari a 752 milioni di euro all’anno.

Un ulteriore approfondimento dell’analisi, che prende in considerazione, da un lato, i minori introiti per lo Stato legati agli interventi di efficientamento energetico (minori imposte sui consumi di energia) e, dall’altro, la quota di gettito per lo Stato derivante dai consumi e dagli investimenti mobilitati dai redditi aggiuntivi dei nuovi occupati mostra come il saldo dello Stato possa essere considerato negativo per 5,9 miliardi di euro all’anno, pari a 256 milioni di euro all’anno.

Allargando, poi, il campo della valutazione a tutti gli attori che rivestono un ruolo nel sistema Paese in cui si inseriscono le agevolazioni, nel periodo 1998-2020 il saldo per il sistema economico del Paese risulterebbe positivo per quasi 27,6 miliardi di euro (1,2 miliardi di euro all’anno).

L’impatto potenziale del “Superbonus 110%”

Infine, il rapporto dedica una specifica attenzione all’impatto potenziale sul mercato del “Superbonus 110%” introdotto nel corso del corrente anno, per il quale è stata elaborata una prima stima sugli importi aggiuntivi (nell’ipotesi del mantenimento della norma attualmente vigente) di 2.421 milioni di euro, tutti nel 2021, e, nell’ipotesi di un prolungamento dei benefici a tutto il 2022, di 8.069 milioni di euro, dei quali 1.614 nel 2021 e 6.455 nel 2022.

IN ALLEGATO IL RAPPORTO 2020 CRESME - CAMERA

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