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L'autorizzazione paesaggistica “può essere legittimamente annullata dall'organo statale periferico per qualsiasi vizio di legittimità, ivi compresa l'assenza, nel provvedimento di base, di una corretta indicazione delle ragioni sottese alla positiva valutazione, quanto a compatibilità paesaggistica, dell'intervento progettato. A questa stregua, l'atto di annullamento può legittimamente limitarsi a constatare il difetto di motivazione dell'autorizzazione, senza addentrarsi in valutazioni di merito”.
Lo ha ribadito la sesta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 5772/2020 pubblicata il 2 ottobre.
In questo pronunciamento Palazzo Spada ha anche ricordato che “l’interpretazione costante di questo Consiglio (ex multis Cons. Stato Sez. VI, 21 giugno 2017, n. 3004) è nel senso che nel vigore dell'art. 82, comma 9, D.P.R. 616 del 1977 il termine di sessanta giorni per l'esercizio del potere di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica è inteso come perentorio, ossia come limite temporale decadenziale che decorre dalla ricezione da parte della competente Soprintendenza dell'autorizzazione rilasciata e della pertinente e completa documentazione tecnico amministrativa. Detto termine, benché perentorio, ben può venire interrotto in caso di manifestate esigenze istruttorie o per incompletezza della documentazione trasmessa, con nuova decorrenza dall'acquisizione completa dei chiarimenti richiesti e fermo che, prima della scadenza, deve aver luogo anche l'adozione, non anche la comunicazione agli interessati, dell'eventuale annullamento. In definitiva, la norma va intesa nel senso che il termine si intende rispettato se il provvedimento viene adottato prima della sua scadenza, non risultando necessario anche l’esaurimento della fase integrativa dell’efficacia. Resta irrilevante sotto questo profilo qualsivoglia autovincolo dell’amministrazione, che in realtà si tradurrebbe in una modifica non consentita di una disciplina di rango superiore”.
In allegato la sentenza del Consiglio di Stato

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