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L’Italia è stato uno dei primi Paesi europei a mettere al bando l’amianto (con la legge 257/1992), ma sono ancora molte le tubazioni in cemento-amianto presenti sul territorio nazionale. Queste tubazioni non costituiscono un rischio in sé, qualora siano interrate e integre, ma possono generare situazioni di rischio specialmente nel caso in cui la superficie esterna del manufatto sia deteriorata, anche parzialmente.
L’inquinamento da amianto nelle acque può avvenire infatti in due modi: per cause naturali – a seguito della presenza di amianto nei minerali attraversati dalle acque o per la presenza di inquinamento ambientale di amianto, poi captate dalla rete acquedottistica – oppure a causa del rilascio di fibre di amianto dalle tubazioni di cemento amianto (per rotture o degrado della matrice cementizia della conduttura, per le pressioni di esercizio troppo alte, corrosione per l’acidità dell’acqua o terremoti, o per interventi manutentivi non effettuati con le dovute precauzioni).
Secondo Andrea Caselli, presidente dell’Associazione Familiari e Vittime di Amianto dell’Emilia Romagna, spesso l'atteggiamento delle istituzioni su questo fronte è stato non trasparente, con minimizzazioni del problema e paragoni tra le rilevazioni effettuate in Italia e i parametri statunitensi – in cui però la situazione è per molti aspetti non paragonabile a quella italiana (a partire dal diverso sistema di microscopia utilizzato in Italia e in quasi tutta Europa).
Le proposte
Caselli, in un articolo pubblicato sul sito di AFeVA Emilia Romagna, propone dunque una serie di passaggi operativi per affrontare il rischio dovuto alle tubazioni di cemento amianto. In primis, definire la rete di monitoraggio, aumentando i punti di prelievo e la loro frequenza, al fine di rappresentare la situazione reale e le sue eventuali criticità, pubblicandole in tempo reale e rendendole disponibili ai cittadini. Mappare la rete idrica mettendo in evidenza le tratte di tubazioni in cemento amianto e la loro vetustà.
Dopodiché, occorre affrontare le criticità emerse dal monitoraggio, analizzando le possibili cause del rilascio o dell'accumulo di fibre di amianto, per organizzare gli interventi di messa in sicurezza. Tenendo presente che è impossibile una sostituzione generalizzata di tutte le tubature di cemento-amianto in breve tempo, dal momento che spesso sono collocate in centri storici e zone urbanizzate, dove è più complicato intervenire.
Quindi, sostituire in via prioritaria le tubazioni di cemento-amianto più soggette a frequenti rotture: dove c’è uno storico di rotture frequenti dovrebbe essere programmata la sostituzione della tratta, sia per evitare problemi di rilascio di fibre, sia per risparmiare sugli interventi di emergenza e ridurre al contempo le perdite idriche.
Infine, programmare l’intervento sistematico: data la crescente vetustà delle reti di cemento amianto, sarebbe necessario fare un piano almeno ventennale di sostituzione progressiva ma generalizzata delle tubature in cemento amianto.Il documento Inail
Nel 2019, l’Inail ha pubblicato il documento “Rimozione in sicurezza delle tubazioni idriche interrate in cemento amianto. Istruzioni operative Inail per la tutela dei lavoratori e degli ambienti di vita” (IN ALLEGATO) al fine di “integrare ed armonizzare le procedure di intervento e sicurezza finora adottate a scala nazionale, indicando un criterio di pianificabilità, riproducibilità ed omogeneità di intervento per agevolare l’operato dei lavoratori addetti al settore e degli Organi di Controllo competenti per territorio” e quindi “costruire un processo partecipativo, in cui le attività di ricerca sul campo conducano ad una efficace trasferibilità dei risultati, fornendo contenuti utili agli ambiti lavorativi ed alla prevenzione dei rischi, promuovendo altresì la circolarità delle conoscenze tecnico-scientifiche nelle comunità nazionali e internazionali”.

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