Fisco

Compensi professionali e cessazione dell'attività esercitata nel regime dei minimi: chiarimenti dalle Entrate

Il compenso percepito dall'istante nel 2019 quando ormai, avendo chiuso la partiva IVA, non svolgeva più la sua attività professionale in maniera abituale, deve essere dichiarato come reddito diverso, indicandolo nel quadro RL, rigo RL15, del modello Redditi Persone fisiche 2020

mercoledì 2 settembre 2020 - Redazione Build News

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Il Contribuente, attualmente residente all'estero, fa presente che a partire dallafine del 2017 non risulta più titolare di partita IVA, in regime dei minimi.

L'Istante rappresenta, inoltre, che al termine del 2019 gli sono stati liquidati alcuni crediti relativi ad un patrocinio esercitato a spese dello Stato, per i quali emise regolare fattura elettronica.

Tali somme, che sono state liquidate dopo la cessazione dell'attività, sono riportate nella CU (anno 2019) come redditi di lavoro autonomo.

Al riguardo il Contribuente evidenzia che non risulta possibile inserire l'importo in questione nel quadro LM del Modello Redditi Persone fisiche 2020, in quanto non è più titolare di partita IVA, avendo cessato qualsiasi attività.

Ciò detto, l'Istante chiede chiarimenti in merito alla modalità di indicazione in dichiarazione dell'emolumento riscosso dopo la cessazione dell'attività.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L'Istante ritiene che le somme in questione debbano essere indicati in dichiarazione come redditi diversi, anziché come redditi da lavoro autonomo.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE RISPOSTA N. 299/2020

“L'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 17/E del 30 maggio 2012, in relazione al regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all'articolo 27, commi 1 e 2, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha modificato il regime dei contribuenti minimi, disciplinato dall'art. 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha chiarito che "in un'ottica di semplificazione che tiene conto delle dimensioni dell'impresa e, in particolare, dall'esiguità delle operazioni economiche che ne caratterizzano l'attività, si ritiene che è rimessa alla scelta del contribuente la possibilità di determinare il reddito relativo all'ultimo anno di attività tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell'anno manifestazione finanziaria".

Con la circolare n. 10/E del 4 aprile 2016 tale chiarimento è stato ribadito anche con riferimento ai contribuenti che accedono al regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

In altri termini, i contribuenti che accedono ai predetti regimi agevolati possono far concorrere alla determinazione del reddito anche ricavi ancora da incassare al momento della chiusura della partita IVA, imputando all'ultimo anno di attività anche le operazioni che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria.

Tale precisazione, vale a prescindere dal tipo di attività (professionale o d'impresa) esercitata, poiché i soggetti che accedono ai predetti regimi determinano comunque il reddito secondo il criterio di cassa.

L'Istante, che dichiara di aver svolto la sua attività professionale fino a fine 2017 nel regime dei minimi, pur avendo fatturato il compenso in questione prima della chiusura della Partita IVA, non si è avvalso di tale facoltà.

A tal riguardo l'articolo 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR) prevede che per redditi di lavoro autonomo s'intendono quelli che "(...) derivano dall'esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni s'intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo (...)".

Attraverso tale norma il legislatore ha voluto delineare il concetto di esercizio di arti e professioni, al fine di distinguerlo dal lavoro svolto in modo occasionale di cui all'articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR.

In particolare, rientrano nella prima tipologia quelle attività svolte dal contribuente con regolarità, stabilità e continuità.

La circostanza che il Contribuente, al momento dell'incasso del compenso, non abbia partita IVA fa si che, nel caso in esame, non sia possibile riscontrare il requisito soggettivo dell'abitualità che è alla base delle attività di lavoro autonomo.

Si ritiene, pertanto, che il compenso percepito dall'Istante nel 2019 quando ormai, avendo chiuso la partiva IVA, non svolgeva più la sua attività professionale in maniera abituale, debba essere dichiarato come reddito diverso, ai sensi del comma 1, lettera l), dell'articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, indicandolo nel quadro RL, rigo RL15, del modello Redditi Persone fisiche 2020”.

In allegato la Risposta n. 299 del 2 settembre 2020

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