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La legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha introdotto l’aumento dell’aliquota IVA sul pellet che è passata dal 10% al 22%. L’Italia è diventata così uno dei Paesi europei con la più alta aliquota su questo combustibile. In particolare, il comma 711 dispone che “Al n. 98) della tabella A, parte III “Beni e servizi soggetti all'aliquota del 10%”, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo le parole: «legna da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie o fascine; cascami di legno compresa la segatura,» introduce: «, esclusi i pellet»”.
Il comma 712 della stessa legge di stabilità ha destinato le maggiori entrate derivanti dall'aumento dell'aliquota, quantificate in 96 milioni di Euro dal 2015, all’incremento del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (FISPE), ossia un fondo per limitare la pressione fiscale.
L’evasione dell’IVA
Si ritiene che l’incremento dell’IVA sul pellet, oltre che dalle proteste degli operatori, sia stato accompagnato da un progressivo aumento dei fenomeni evasivi, nonché dall’insorgere delle cosiddette “frodi carosello”. Inoltre, è opinione diffusa tra gli operatori del settore che questo malcostume sia in continuo aumento, sia per numerosità delle aziende coinvolte sia in termini economici.
Il fenomeno ha un impatto negativo e significativo sull’intero mercato del pellet, il cui andamento risulta distorto dalla competizione sleale e fraudolenta di aziende che, eludendo l’IVA, possono pagare di più i produttori e rivendere i prodotti di importazione a prezzi più concorrenziali.
Con ragionevole convinzione Aiel, Associazione Italiana Energie Agroforestali, ritiene, quindi, che le maggiori entrate che avrebbero dovuto generarsi grazie all’aumento dell’aliquota sul pellet non si siano di fatto mai realizzate. Inoltre, possiamo affermare senza timore di smentita che questa iniziativa abbia paradossalmente scalfito la legalità di un mercato “povero” e caratterizzato da limitati margini economici per gli operatori.
L’evasione dell’IVA sul pellet è un fenomeno già noto alle forze dell’ordine che in più occasioni sono state chiamate ad intervenire. È recente la notizia di un’indagine della Guardia di Finanza che ha portato alla scoperta di una frode fiscale multimilionaria nel settore della commercializzazione del pellet che ha coinvolto decine di società e diversi imprenditori del nord Italia e che ha già portato a numerose denunce, arresti e confische di materiale. Questa indagine fa seguito ad altre analoghe, anch’esse recenti e di notevole rilevanza, che hanno interessato realtà del centro e sud Italia.
Le aziende associate ad AIEL lamentano che il fenomeno ha raggiunto livelli preoccupanti, se non già ormai intollerabili per gli operatori di mercato che agiscono correttamente. La percezione comune è che in un mercato nazionale caratterizzato da un consumo complessivo annuo di oltre 3 milioni di tonnellate, di cui almeno 2,6 milioni di tonnellate di provenienza estera, è verosimile stimare che fra le 750.000 e 1 Milone di tonnellate siano commercializzate eludendo il pagamento dell’IVA, per un valore economico annuo stimabile fra i 38 e 50 milioni di Euro, a cui si aggiunge un ulteriore mancato gettito di tassazione indiretta che è ipotizzabile ritenere altrettanto ampio.
Si segnala peraltro che il fenomeno viene anche riportato ormai apertamente a livello internazionale, in contributi e convegni di settore.
Il reverse charge
AIEL, anche su invito dei propri associati, da un lato desidera avviare un confronto con gli attori istituzionali competenti e un percorso di sensibilizzazione delle Autorità preposte, affinché il fenomeno dell’evasione dell’IVA nel settore del pellet riceva il giusto grado di attenzione. Dall’altro, facendo proprie le istanze di necessaria e ineludibile lotta all’evasione e al contrasto delle frodi, avanza la proposta di applicare il meccanismo del reverse charge alla compravendita di pellet, al fine di salvaguardare gli operatori onesti del settore.
L’introduzione del meccanismo del reverse charge, annullando di fatto l’IVA, garantirebbe da un lato che tutti gli operatori della filiera operino in un regime di leale concorrenza e dall’altro che l’erario possa recuperare, di fatto a costo zero, il mancato versamento precedentemente stimato.

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