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L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella propria riunione del 15 maggio 2018, ha formulato alcuni rilievi riguardo alle possibili distorsioni della concorrenza derivanti dalla modifica all’art. 185, comma 1, lettera f) del decreto legislativo n. 152/2006 (Testo Unico Ambiente, di seguito T.U.A.), ad opera della legge 28 luglio 2016, n. 154, che ha ampliato il novero dei residui vegetali esclusi dal regime dei rifiuti.
La segnalazione dell'Antitrust è stata pubblicata sul Bollettino Agcm n. 21 del 4 giugno 2018.
L’intervento trae origine da una segnalazione del Consorzio Italiano Compostatori che lamenta l’iniqua differenziazione prevista, in un disciplinare di gara per l’affidamento dei servizi di cura del verde pubblico di un Comune, per il conferimento degli scarti vegetali agli impianti di compostaggio rispetto al conferimento degli stessi scarti negli impianti a biomasse o all’utilizzo diretto in agricoltura.
L’Autorità, prendendo spunto dalla segnalazione ricevuta, intende formulare alcuni auspici di portata generale miranti ad una revisione della disciplina in materia di esclusione dalla nozione di rifiuto degli scarti vegetali derivanti dalla cura del verde pubblico e privato.
Come noto, ai sensi della Direttiva 2008/98/CE (c.d. Direttiva Quadro Rifiuti), gli sfalci e le potature possono avere due distinte provenienze: da ambienti agricoli e forestali (art. 2, lettera f, della direttiva) e in questo caso non sono rifiuti, o da ambienti urbani e in questo caso sono rifiuti organici (art. 3, paragrafo 4 della direttiva). Mentre i primi possono essere utilizzati direttamente in agricoltura, i secondi necessitano di vari trattamenti, tra cui l’igienizzazione e la sterilizzazione (ma anche la separazione da altri tipi di materiali) prima di essere riutilizzati.
In particolare, la citata direttiva (art. 3, paragrafo 4) definisce come «rifiuto organico» i “rifiuti biodegradabili di giardini e parchi”, sottolineando l’importanza di “facilitare la raccolta differenziata e l’idoneo trattamento dei rifiuti organici al fine di produrre composti e altri materiali basati su rifiuti organici che non presentano rischi per l’ambiente”, secondo una gerarchia dei rifiuti che incoraggi l’adozione di opzioni di riciclaggio e/o recupero con il miglior risultato ambientale complessivo (art. 4, paragrafo 2).
Il Testo Unico Ambiente, come modificato dalla legge 28 luglio 2016, n. 154, diversamente, esclude gli sfalci e le potature dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti (art. 185, comma 1, lettera f) del d.lgs. n. 152/2006), consentendo pertanto l’utilizzo diretto in agricoltura del verde urbano (pubblico e privato) senza necessità di trattamento.
La disciplina interna, nella misura in cui contrasta con il diritto europeo, si presta a distorsioni nella gestione delle risorse, a sfavore delle imprese che utilizzano gli scarti vegetali come input nell’ambito di filiere di riciclo tracciate e controllate, e quindi a un rischio di compromissione, a livello nazionale, di un corretto sviluppo dei diversi mercati attivati dalla raccolta differenziata.
Segnatamente, l’esclusione degli scarti vegetali dalla definizione di rifiuti organici consente il loro impiego anche al di fuori dei percorsi autorizzati e tracciati previsti per i rifiuti, ossia le procedure di compostaggio previste per i rifiuti vegetali, con evidente difformità dei costi di trattamento gravanti sulle diverse filiere. Come noto, infatti, le procedure previste per il trattamento degli scarti vegetali quali rifiuti comportano costi di trasformazione ben più elevati di quelli derivanti dal reimpiego diretto di tali materiali in agricoltura. Di conseguenza, la destinazione di tali scarti a impieghi meno costosi o che addirittura comportano un ricavo potrebbe determinare una penalizzazione del settore del compostaggio, unico a presentare requisiti di certificazione sui trattamenti adottati, sulla base dei criteri fissati dal decreto legislativo n. 75/2010 (contenente la revisione della disciplina in materia di fertilizzanti). Si consideri, peraltro, che la produzione di compost necessita inderogabilmente di combinare la frazione organica da scarti domestici con la frazione ligneo-cellulosica da sfalci e potature, come elemento strutturante nella produzione di ammendante organico utilizzabile in agricoltura, e che la sopravvivenza di tale settore non può prescindere dalla disponibilità degli scarti vegetali.
Inoltre, come dimostrato da recenti disciplinari di gara per l’affidamento del servizio di cura del verde pubblico, sulla base della citata modifica normativa, gli enti locali possono essere indotti a privilegiare la trasformazione degli scarti vegetali in risorsa attribuendo punteggi in sede di valutazione dell’offerta che favoriscono detta modalità di utilizzo, così amplificando l’effetto distorsivo della normativa in commento.
L’Autorità auspica quindi l’opportunità di abrogare l’attuale lettera f) del comma 1 dell’art. 185 del decreto legislativo n. 152/2006, come modificata ad opera della legge 28 luglio 2016, n. 154, allineandone i contenuti a quanto previsto dalla pertinente normativa comunitaria, e in particolare dalla direttiva 2008/98/CE, al fine di eliminare potenziali effetti distorsivi nei mercati del trattamento degli scarti vegetali, e confida che i suesposti rilievi siano tenuti in adeguata considerazione.

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