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Ondate di calore, il vero rischio è l'umidità. Come affrontarla
La temperatura a bulbo umido indica la soglia di pericolo per la salute umana. Entro il 2030 tale sconfinamento potrebbe verificarsi con frequenza
Giovedì 9 Luglio 2015
Quando pensiamo ai grandi disastri ambientali causati dai cambiamenti
climatici ci vengono in mente inondazioni, siccità o uragani. Ma c'è un altro fattore di rischio forse poco considerato, quello delle ondate di calore. Un tema di forte attualità dopo il dramma indiano dello scorso mese, con più di 1800 vittime provocate dalle temperature vertiginose registrate, e, nel nostro piccolo, nel corso di una settimana difficile anche qui in Italia.
Il dato di fatto è che il pianeta continua a surriscaldarsi, con effetti disastrosi non soltanto nelle aree a clima tropicale o nel terzo mondo. L'ondata di calore dell' agosto 2003 che ha colpito l'Europa occidentale ha provocato circa 45.000 morti. Quella dell'estate del 2010 registrata nella Russia occidentale ne ha causati 54.000. Il problema è serio e va analizzato ed affrontato.
Cerca di farlo un interessante articolo pubblicato sul portale online del New York Times a firma di Robert Kopp, direttore del Rutgers Energy Institute e Matthew Huber e Jonathan Buzan della Facoltà di Scienze della Terra dell'Università di New Hampshire, dove viene sottolineato come il problema non risieda esclusivamente nelle alte temperature ma anche nel tasso di umidità. Caldo e umidità sono un binomio letale.
La spiegazione è semplice: l'umidità vanifica il meccanismo con cui l'uomo si protegge dal caldo, ovvero la sudorazione, grazie alla quale la pelle si raffredda, aiutando a mantenere costante la temperatura corporea. Con alti tassi di umidità questo non avviene, perché la pelle non riesce a raffreddarsi al di sotto della cosiddetta temperatura di bulbo umido.
Se si pensa infatti alla grande ondata di calore che ha colpito la città di Chicago nel '95, si sono registrate molte più vittime nel picco di 37° (ma con una temperatura a bulbo umido di 30°) piuttosto che quando le temperature hanno superato i 41°, ma con livelli inferiori di umidità.
Secondo i dati raccolti da uno studio firmato da uno degli autori dell'articolo, Robert Kopp, condotto per l'Associazione Risky Business Project, il cui scopo è quello di analizzare e comunicare i rischi economici legati all'impatto del cambiamento climatico, nel periodo 1981-2010 nel territorio Usa si sono registrati circa 4 giorni con temperature di bulbo umide superiori ai 27°, ovvero vicini al livello rischioso per la salute umana. Entro il 2030, questo livello potrebbe raddoppiare e prolungarsi per almeno 10 giorni. E questa tendenza vale per tutto il mondo.
Poiché per avere risultati nel breve periodo- ovvero per i prossimi due decenni- si può fare ben poco, perchè sconteremo le emissioni di gas serra che abbiamo già emesso e le pecche di consumi energetici scorretti, è necessario, viene ribadito nell'articolo, mettere a punto alcune misure per salvaguardare le vite umane. Il che significa dare accesso a chi non può permetterselo all'aria condizionata, migliorare il condizionamento di fabbriche, magazzini e tutti quei luoghi di lavoro e pubblici (sopratutto nella sanità) che ne sono sprovvisti e fare più informazione in merito a rischi e rimedi in caso di forti ondate di calore e umidità.
La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà questo dicembre a Parigi sarà un'occasione importante per aggiungere dei tasselli a questo percorso, ma c'è bisogno, sottolineano gli autori, di un maggiore impegno sul fronte delle politiche locali, nazionali e globali.

Il dato di fatto è che il pianeta continua a surriscaldarsi, con effetti disastrosi non soltanto nelle aree a clima tropicale o nel terzo mondo. L'ondata di calore dell' agosto 2003 che ha colpito l'Europa occidentale ha provocato circa 45.000 morti. Quella dell'estate del 2010 registrata nella Russia occidentale ne ha causati 54.000. Il problema è serio e va analizzato ed affrontato.
Tassi di umidità alti sono il vero pericolo
Cerca di farlo un interessante articolo pubblicato sul portale online del New York Times a firma di Robert Kopp, direttore del Rutgers Energy Institute e Matthew Huber e Jonathan Buzan della Facoltà di Scienze della Terra dell'Università di New Hampshire, dove viene sottolineato come il problema non risieda esclusivamente nelle alte temperature ma anche nel tasso di umidità. Caldo e umidità sono un binomio letale.
La spiegazione è semplice: l'umidità vanifica il meccanismo con cui l'uomo si protegge dal caldo, ovvero la sudorazione, grazie alla quale la pelle si raffredda, aiutando a mantenere costante la temperatura corporea. Con alti tassi di umidità questo non avviene, perché la pelle non riesce a raffreddarsi al di sotto della cosiddetta temperatura di bulbo umido.
Misurare la temperatura di bulbo umido
Se si pensa infatti alla grande ondata di calore che ha colpito la città di Chicago nel '95, si sono registrate molte più vittime nel picco di 37° (ma con una temperatura a bulbo umido di 30°) piuttosto che quando le temperature hanno superato i 41°, ma con livelli inferiori di umidità.
Secondo i dati raccolti da uno studio firmato da uno degli autori dell'articolo, Robert Kopp, condotto per l'Associazione Risky Business Project, il cui scopo è quello di analizzare e comunicare i rischi economici legati all'impatto del cambiamento climatico, nel periodo 1981-2010 nel territorio Usa si sono registrati circa 4 giorni con temperature di bulbo umide superiori ai 27°, ovvero vicini al livello rischioso per la salute umana. Entro il 2030, questo livello potrebbe raddoppiare e prolungarsi per almeno 10 giorni. E questa tendenza vale per tutto il mondo.
Le misure per salvaguardare le popolazione nel breve periodo
Poiché per avere risultati nel breve periodo- ovvero per i prossimi due decenni- si può fare ben poco, perchè sconteremo le emissioni di gas serra che abbiamo già emesso e le pecche di consumi energetici scorretti, è necessario, viene ribadito nell'articolo, mettere a punto alcune misure per salvaguardare le vite umane. Il che significa dare accesso a chi non può permetterselo all'aria condizionata, migliorare il condizionamento di fabbriche, magazzini e tutti quei luoghi di lavoro e pubblici (sopratutto nella sanità) che ne sono sprovvisti e fare più informazione in merito a rischi e rimedi in caso di forti ondate di calore e umidità.
Serve una politica per il futuro energetico
La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà questo dicembre a Parigi sarà un'occasione importante per aggiungere dei tasselli a questo percorso, ma c'è bisogno, sottolineano gli autori, di un maggiore impegno sul fronte delle politiche locali, nazionali e globali.
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Tags: ondate di calore,cambiamenti climatici,umidità
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