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Intesa minima e senza vincoli quella raggiunta a Copenhagen durante il summit sul clima tenutosi nella capitale danese dal 7 al 18 dicembre 2009. Il vertice ha semplicemente adottato una decisione che prende nota (“takes note”) dell’accordo di massima sull'aumento massimo consentito della temperatura media del globo.
Limitare la temperatura
Dal summit, forse, ci si aspettava qualcosa di più: un testo legale, simile al trattato di Kyoto, con obblighi, vincoli e sanzioni. Di vincoli però non ce ne sono e l'unico numero presente è il 2, che corrisponde al numero di gradi, il massimo, che secondo gli scienziati, il pianeta può raggiungere senza che l'effetto serra scateni inondazioni e siccità. Per riuscire ad ottenere questo risultato bisognerebbe ridurre le emissioni almeno del 50%, rispetto al 1990, entro il 2050. Ma i grandi paesi emergenti non ci stanno a limitare la propria crescita economica senza aver nulla in cambio. E così chiedono ai paesi ricchi di tagliare le loro emissioni, entro il 2020, del 25-40%, che, naturalmente, non sembrano recepire il messaggio.
Aspettando primavera
Ora si attende la primavera e con essa il Congresso Usa che, approvando la legge sul clima, consentirebbe al presidente Obama di rendere espliciti i drastici tagli alle emissioni (25% nel 2025, 30% nel 2030 e 83% nel 2050 rispetto ai livelli del 2005) che oggi sono impliciti nei testi in discussione. In attesa di questo importante passo, i diversi governi, entro fine gennaio, forniranno all'ONU l'elenco dei tagli che volontariamente hanno deciso di effettuare: 20% l'Europa, 17% gli Usa, 25% il Giappone a cui si uniranno i grandi paesi emergenti come Cina, India e Brasile. Il rispetto di questi impegni potrà essere sottoposto a consultazioni e analisi internazionali, nel rispetto della sovranità dei singoli paesi.
30 mld di dollari per i paesi poveri
Altri provvedimenti sono invece stati decisi per aiutare i paesi poveri ad affrontare il cambiamento climatico. Tra questi il finanziamento di 30 miliardi di dollari nei prossimi 3 anni. Un apposito fondo Onu, entro il 2020, disporrà di 100 miliardi di dollari l'anno con lo stesso obiettivo. I soldi arriveranno dai governi, dalle industrie e, probabilmente, anche dai proventi dei mercati dei diritti alle emissioni dei paesi industrializzati.
Un vertice che ha inquinato come il Marocco
Ma forse ciò che più colpisce di questi 11 giorni di summit è l'interesse suscitato e l'affluenza di persone: 120 capi di stato, 30 mila accreditati, 15 mila delegati, oltre 5 mila giornalisti. Per trovare un accordo, o essere presenti a questo evento, si sono mossi in molti. A conferma di ciò i numeri del summit, che secondo le prime stime circolate ha prodotto lo stesso inquinamento che il Marocco produce in un anno. Ogni delegato ha generato oltre 2 tonnellate di anidride carbonica durante tutti gli undici giorni lavorativi del summit. Vale a dire, complessivamente, circa 41 mila tonnellate di CO2, ovvero quanto il paese nordafricano ha emesso nel 2005. Ma tutto questo spreco è ben presto spiegato: 1200 auto con autista, 140 jet privati, un carcere temporaneo e lo stesso Bella Center, sede dei lavori, che, pur essendo stato realizzato con criteri eco-sostenibili, ha emesso nell'atmosfera una considerevole quantità di veleni. Ci sono poi da mettere in conto gli spostamenti, il soggiorno di delegati e partecipanti e i consumi degli alberghi. Un livello di emissioni che sarebbe eguagliabile, sempre secondo le stime, a 55 milioni di chilometri percorsi da un'utilitaria. A sentire questi numeri c'è davvero da perdere la testa...

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