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Italia e Spagna sono state richiamate dalla Commissione Europea, con un monito ad intervenire immediatamente per assicurare la piena conformità alle norme UE sulle energie rinnovabili (direttiva 2009/28/CE).
IL PERCHÉ DEL RICHIAMO. La direttiva avrebbe dovuto essere attuata dagli Stati membri entro il termine del 5 dicembre 2010, ma l’Italia e la Spagna non hanno comunicato alla Commissione tutte le misure necessarie al suo recepimento completo nella normativa nazionale.
SE NON VERRANNO RISPETTATE LE CONDIZIONI UE, IL CASO PASSERÀ ALLA CORTE DI GIUSTIZIA. Le conseguenze? Se entro due mesi gli Stati membri in questione non avranno adempiuto all’obbligo giuridico, Bruxelles potrà decidere di affidare il caso direttamente alla Corte di giustizia europea.
QUALCHE DATO SULLA DIRETTIVA 2009/28/CE. La direttiva fa obbligo a ciascuno Stato membro di raggiungere obiettivi individuali in termini di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili nel consumo energetico. A tal fine, gli Stati membri devono adottare norme volte a, per esempio, migliorare l’accesso alla rete per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, le procedure amministrative e la pianificazione, la formazione e l’informazione degli installatori. Inoltre, i biocarburanti usati per conseguire l’obiettivo nel settore dei trasporti devono soddisfare una serie di criteri di sostenibilità, anch’essi da includere nella normativa nazionale. Su questi aspetti in Italia sono note del difficoltà di accesso alla rete e la lentezza delle indicazioni per la formazione degli installatori ma non si può dire che le procedure amministrative per le rinnovabili siano particolarmente ostiche, se affidate ad un professionista.
Relativamente semplici le procedure per le rinnovabili
Una recente indagine del Centro studi CNI ha riscontrato che la maggioranza degli intervistati ha ritenuto quella per le rinnovabili una procedura semplice. Le comunicazioni al comune hanno riguardato nella grandissima maggioranza dei casi l’installazione di impianti fotovoltaici (88,2%). Pur non essendo numerosissime le “amministrazioni digitali”, il 25,5% degli ingegneri ha potuto inviare la domanda per via telematica. Le amministrazioni hanno richiesto nuova documentazione ad integrazione della domanda solamente nel 34,7% dei casi, un numero considerevolmente inferiore rispetto a quelli osservati per quasi tutte le altre procedure.
La “relativa” semplicità della procedura si riflette nella valutazione che gli ingegneri danno sul suo essere business friendly. In una scala da 1 (poco) a 5 (molto), gli intervistati assegnano al procedimento un voto medio di 2,64. Il 31,8% ha dato 3 e il 15,9% ha indicato 4. Tale valutazione, essendo comunque ancora sbilanciata verso il basso, lascia intendere che anche per tale procedura siano possibili ampi margini di miglioramento.
Ritardi anche di 800 giorni
Il quadro positivo che si manifesta nelle procedure autorizzative scompare quando si vanno a guardare i decreti attuativi, alcuni attesi da oltre 800 giorni. Kyoto club pubblica sul suo sito il ritardometro, con l'elenco dei provvedimenti attesi. Un utile elenco per il Ministero delle Sviluppo e l'AEEG per mettere finalmente in pista l'agenda per le rinnovabili.
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